di
Andrea Sicco
"Digital
Native" è un'espressione che corrisponde ad una persona nata in
simbiosi con il mondo digitale e relativo utilizzo di supporti
tecnologici. Il termine fu coniato da Marc
Prensky
in "Digital
Natives - Digital Immigrants", opera pubblicata nel 2001.
I
cosiddetti "nativi digitali" o nuove generazioni dell'era
digitale, secondo gli esperti, nascerebbero già con la tecnologia
implementata nel proprio codice genetico, già predisposti cioè ad
un rapido apprendimento dell'utilizzo della tastiera virtuale di uno
smartphone, ancor prima di pronunciare le tradizionali parole "mamma"
e "papà". La "touch screen mania" nasce dalla grande
diffusione, a livello mondiale, di tablet e smartphone per utenti
finali appartenenti però ad ogni fascia di età, dilagando anche
negli istituti, scuole e università, peraltro, dotate di dispositivi
quali smartboard interattivi, fotocamere digitali, personal computer
e notebook con touch-screen incorporato per facilitare
l'apprendimento scolastico.
Ad
Alassio, le lavagne interattive all'Istituto "Don Bosco", ne sono
la prova concreta. Sperimentazione didattica fortemente voluta dai
Salesiani, apprezzata da docenti, genitori e studenti di medie
inferiori e liceo.
Attualmente,
negli Stati Uniti d'America, la scrittura a mano comincia ad avere
un'importanza marginale, tanto che, in prima elementare, si insegna
già a scrivere con caratteri in stampatello mentre quella con
caratteri in corsivo viene considerata quasi obsoleta, a confermare
una netta controtendenza rispetto alle convinzioni del passato. I
pedagoghi 2.0 sono infatti convinti che i bambini debbano
necessariamente iniziare a scrivere, da subito, "picchiettando con
le proprie dita sui tasti" perchè questo è il presente e sarà il
futuro della comunicazione scritta.
Secondo
le ultime stime ottenute da parte degli analisti inglesi, su
ottocento piccoli alunni osservati, già all'età di tre anni, per la maggior parte di essi si comincerebbero ad accusare piccoli
problemi a tener, tra le proprie dita, una matita. Gli esperti di
alfabetizzazione sostengono che, prima del compimento dei sette anni
di età, i bambini avrebbero necessità di vivere immersi in una vita
reale, limitando le ore trascorse in quella virtuale. In realtà, la
scrittura a mano, riveste un ruolo ancora determinante
nell'apprendimento scolastico, generando un aumento della
concentrazione, migliorando la memoria, costringendo il nostro
cervello "a lavorare maggiormente sotto sforzo". All'Università
di California, di Los Angeles, sia in laboratorio che nelle classi,
gli studenti che prendono appunti in modo tradizionale risulterebbero
più facilitati nell'apprendimento delle materie affrontate.
Quando
si compie l'atto di scrivere viene automaticamente stimolato ed
attivato un circuito neuronale particolare semplicemente perchè,
nella parola scritta, risiede un profondo riconoscimento del gesto
appena effettuato che avviene mediante la simulazione mentale
all'interno della materia cerebrale. Non a caso, i bambini imparano a
leggere più rapidamente non appena risultano in grado di scrivere a
mano. Infine, è proprio quando si compie tale gesto che si migliora il concepimento delle idee e la memorizzazione delle
informazioni da acquisire, per poi passare alla fase conclusiva di
rielaborazione delle stesse.