"Ogni
uomo considera i limiti della propria visione personale come i limiti
del mondo"
(Arthur
Schopenhauer)
di Andrea Sicco
Duecento ricercatori, molti dei quali
computer scientist, fisici, chimici e biologi, si ritrovarono in
un'aula dell'Universita' di Princeton per un primo incontro sui "Dna
computers". Nel gruppo c'era anche Leonard Adleman, teorico
dell'informatica all'Universita' di California a Los Angeles.
Da anni, per superare i limiti fisici
imposti dall'uso di materiali come il silicio, usati per fabbricare
la struttura degli attuali microchip, si stava esplorando la
possibilità di ricorrere a sostanze diverse, alternative,
possibilmente migliori, sostanze biologiche. Adleman assemblò un
primo computer in provetta, battezzato "TT 100", dove TT
significa "Test Tube" e la cifra accanto specifica, corrisponde
alla quantità di fluido impiegato ovvero cento microlitri di
molecole di Dna. Tanto per fare un paragone pratico, cento microlitri
corrispondono a un quinto del contenuto di una tazzina da te'.
Pensando ai chip e ai fili
tradizionalmente presenti negli elaboratori di calcolo, come noi oggi
li conosciamo, riesce piuttosto difficile immaginare che da un
liquido biologico si possano estrarre una o più cifre risultanti.
Adleman, come sempre avviene in questi casi, si ritrovò ben presto
circondato dal crescente scetticismo dei colleghi, per
l'occasione, giunti a Princeton.
Attualmente sappiamo gestire un flusso
di elettroni che si muovono nel circuito seguendo la logica binaria
(0/1). Infatti, dall' apertura e dalla chiusura di queste due
possibilita' elementari, derivano anche i risultati numerici più
complessi.
Facendo ricorso al Dna, si sintetizzano
delle molecole della doppia elica secondo particolari sequenze,
ponendole poi insieme (in provetta) per la reazione. La sequenza
risultante rappresenta la risposta ottenuta. In tal modo, entrano in
gioco le unita' chimiche e non più le unita' elettriche.
Inoltre, questa nuova prospettiva, non pone alcun
problema bioetico anche perchè le catene di Dna impiegate sono
prodotte artificialmente e non vengono estratte dalle cellule di
qualche essere vivente.
Il "TT 100" di Adleman è
considerabile come l'embrione della nuova generazione di Dna
computer, miliardi di volte piu' efficiente di una macchina
convenzionale e, per immagazzinare le informazioni, con spazi
infinitesimali rispetto a quelli odierni, parallelo nel funzionamento
e in grado, con alcuni miliardi di molecole di Dna, di effettuare un
numero di operazioni molto più elevato di quello realizzabile da
tutti i computer del mondo (al silicio o all' arseniuro di gallio)
collegati fra loro.
Il "Dna computer" si presterebbe
meglio, infatti, più al lavoro di immagazzinamento e reperimento
delle informazioni che in operazioni in cui risulta fondamentale la
velocità di calcolo. Da simili considerazioni nacque l' idea di
ibrido, dei "computer ibridi" (metà silicio e metà Dna) al fine
di ottenere da ognuno, il meglio delle rispettive potenzialità.
Attualmente, il transistor è
una componente elettronica con la funzione di regolare il flusso
di elettroni in un
determinato circuito integrato, funzionando da amplificatore
e interruttore.
Il "transistor
biologico", invece, rappresenta
il primo prototipo di ricerca o primo passo verso quelli che saranno
i "computer
viventi", sistemi ibridi basati
su circuiti integrati a base di Dna e su funzione dei geni.
Questa seconda tipologia e generazione di nuovi transistor opera mediante la molecola
della vita che controlla il flusso della proteina Rna polimerasi
lungo un filamento di Dna e permette di eseguire "calcoli"
all’interno di cellule
viventi per
registrare, tanto per fare un esempio, quando le cellule stesse sono
esposte a determinati stimoli esterni, per accenderne o spegnerne la
riproduzione. Nominato "trascrittore", il circuito è stato
realizzato all’interno di un batterio,
combinando fra loro geni in modo da controllare il flusso della
proteina lungo un filamento di Dna. Due geni codificano i flussi in
entrata mentre un gene codifica quelli in uscita, i primi sono enzimi
in grado di tagliare frammenti di Dna e invertirli.
Quando il frammento di Dna da invertire significa "stop", nel
momento in cui viene invertito, cambia significato. In tal caso
risulta possibile impartire determinati comandi ad una cellula.
Per costruire bio-computer all'interno di una varietà di
organismi biologici, si devono selezionare enzimi in grado di
funzionare implementati in batteri, funghi, piante ed animali. Il
transistor biologico o "transcriptor",
assolve alla funzione di "porta logica" simile a
quelle utilizzate nei tradizionali ed attuali elaboratori di calcolo,
basate cioè sulla logica booleana, in cui i valori 1 e 0 assumono il
significato di vero o falso: rispondendo "vero" la porta si apre,
con "falso" si chiude. Si riesce ad impartire ordini alla cellula
e farle quindi eseguire operazioni mediante una logica differente,
quella booleana, ottenendo anche una buona amplificazione del segnale
ottenuto. Le porte logiche ovviamente non costituiscono autonomamente
un cosiddetto "computer
biologico". Il "Boolean Integrase Logic Gates"
è un sistema di porte logiche basate su un transistor
biologico che implementa i calcolatori all'interno
delle cellule per programmarle
in modo che possano tener traccia dell'esposizione a un
particolare stimolo
ambientale, come già menzionato, per accendere o
spegnere la riproduzione cellulare a comando ecc... Nell'analogo
biologico si può già immaginare il Dna come un circuito e la
molecola di *Rna polimerasi come degli elettroni, il cui flusso lungo
il Dna è controllato dal transistor biologico "transcriptor".
*Rna polimerasi: enzima che sintetizza catene di Rna a partire dal
Dna.
Nel dattaglio, il fulcro del "transcriptor" è
costituito da una classe di enzimi che
media la ricombinazione del materiale
genetico in diversi costrutti. Proteine utilizzabili
per esercitare una sorta di "controllo
digitale"
sul flusso della Rna polimerasi sul Dna e quindi per
creare degli analoghi delle porte logiche che, in
elettronica,
sono circuiti in grado di realizzare operazioni con implementata la
logica booleana; sistemi che danno
risultati in uscita (output), a partire da più segnali in ingresso
(input). S'inducono cambiamenti nel genoma
della cellula mediante enzimi che, a loro volta, determinano delle
variazioni nelle attività cellulari, rivelate attraverso la
produzione o meno di un trascritto o di una proteina. Dai dati di
input (informazioni in entrata) si riesce a programmare
la cellula perché effettui, o meno, una determinata
attività. Apportando, per esempio, variazioni alla concentrazione di
questi enzimi si riesce a controllare il flusso della polimerasi
lungo il Dna.
Eseguendo più tentativi sull'organizzazione dei diversi componenti
(geni, promotori e interruttori della trascrizione, siti di
riconoscimento degli enzimi stessi) si possono creare diverse porte
logiche come la costruzione dei "plasmidi"
corrispondenti a tante porte logiche di cui si può testare il
funzionamento, confrontando i dati ottenuti (l'espressione variabile
dell'output, in questo caso una proteina fluorescente) con quelli
attesi. Ci preme ricordare che un circuito biologico così
costituito, si rivela adatto a produrre segnali con buon livello di
amplificazione.
Per quanto riguarda questo tipo di sperimentazione, non s'intravedono applicazioni commerciali in tempi brevi anche perchè, ed
è giusto ricordarlo, attualmente tutto si svolge nei laboratori e
nei centri di ricerca. Una delle più grandi difficoltà che si
parano sulla strada di un elaboratore di calcolo a base organica è
il mantenimento della base organica stessa, la quale non può "accontentarsi" di corrente elettrica ma necessita di fluidi
nutritivi. Inoltre, essendo una struttura a base biologica, presenta
tutti i limiti della materia vivente (deperimento e morte). Una
possibile soluzione sarebbe quella di modificare una
struttura vivente tramite l'applicazione dell'ingegneria genetica,
eseguendo la progettazione di una struttura biologica artificiale in
grado di crescere e rigenerarsi indefinitivamente. Tutto questo
permetterebbe di coltivare tessuti artificiali dedicati
all'elaborazione dati (rete neurale). Il vantaggio di strutture
biologiche è il grado superiore di connettività tra unità
elaborative (neuroni) al fine di risolvere problemi non gestibili
dagli attuali elaboratori elettronici.
Per concludere, un analogo biologico dei computer potrebbe dare la
possibilità di inserire una grande quantità di
programmi
esecutivi all’interno di una cellula per registrare, per esempio,
tanto la quantità di un inquinante
quanto l'avanzamento di un processo degenerativo.