Recensione di Andrea Sicco - www.alassioitek.com
Nel 1958 l'ex campione mondiale
olandese di scacchi Euwe domandò al russo Mikhail Botvinnik
(detentore del titolo dal 1948 al 1963, pur avendolo perso brevemente
per due volte) quando i computer sarebbero stati in grado di giocare
meglio degli uomini. Botvinnik rispose con convinzione che tutto ciò,
un giorno, sarebbe stato realmente possibile. La sua risposta, non
solo fu immediata ed affermativa ma, subito dopo aver perso il titolo
nel 1963, si dedicò a sviluppare programmi "strategici" che
formalizzassero il modo di giocare di un campione.
Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che
un giocatore non sviluppa tutte le possibili variabili e non analizza
tutte le possibili mosse. In ogni determinata situazione, un
giocatore esamina, circa, da due a quattro mosse da scegliere
intuitivamente, basandosi sulla propria esperienza. Infatti, durante
una partita corrispondente ad una quarantina di mosse, ne verrebbero
analizzate complessivamente un centinaio.
In parte, l'ambizioso obiettivo di
trasformare i computer in campioni di scacchi e non solo, era
osteggiato dalla limitatezza tecnologica degli elaboratori
elettronici del tempo che potevano analizzare soltanto alcune
posizioni al minuto. Si andava quindi a configurare la necessità di "sfrondare l'albero" di tutte le possibilità teoriche, fino a
ridurlo ad un semplice "alberello".
Botvinnik sviluppò "Pioneer", un
programma di sorprendente efficacia contribuendo così alla creazione
di "Kaissa", che nel 1974 vinse il primo campionato del mondo per
programmi.
Qualche anno dopo, l'ingegnere
elettronico Botvinnik (con dottorato in ingegneria elettronica),
dichiarò che "il cervello umano possiederebbe meno risorse rispetto
ad un computer". L'ingegnere sostenne che, matematicamente, un
elaboratore elettronico avrebbe potuto risolvere un numero enorme di
equazioni e che, in futuro, un programma sarebbe stato certamente in
grado di battere un uomo. Celebre l'affermazione secondo cui "nell'ipotesi che un programma riesca ad analizzare soltanto le
mosse migliori, l'essere umano non sarebbe neppure in grado di
vederlo". In pratica, esisterebbe una profonda differenza tra
scrivere un programma che sfrutti la potenza del computer per giocare
meglio di noi e sfruttare la potenza del cervello umano per scrivere
un programma che giochi come un uomo.
Con il trascorrere del tempo e
l'incremento della cosiddetta potenza di calcolo degli elaboratori
elettronici, le necessità che costringevano Botvinnik a fare della
scienza sono venute meno, ma l'informatica si è concentrata quasi
esclusivamente sulla tecnologia.
Come previsto, i programmi per gli
scacchi riuscirono a battere nel 1978 un maestro internazionale del
calibro di David Levy; nel 1988, un grande maestro come Bent Larsen
ed infine nel 1997, l'allora campione mondiale Garry Kasparov.
Combinando l'analisi in profondità delle mosse con una valutazione
in estensione dei pezzi e degli schieramenti, i software
riuscirebbero ormai a simulare perfettamente il gioco umano e a
riprodurne i massimi risultati. Il vero interesse starebbe
nell'emulare il gioco umano e riprodurne i processi, proprio come
ipotizzava Botvinnik. Tutto questo, infatti, ci farebbe comprendere
qualcosa di nuovo sui meccanismi mentali dello scacchista e, più in
generale, dell'uomo.
Il miglior risultato in questa
direzione rimane, per ora, quello ottenuto in data 3 agosto 1977 da "Pioneer": l'analisi di un difficile problema di Nadareishvili e
la sua completa soluzione con un albero di sole duecento mosse.* Il
fatto che i moderni programmi trovino la soluzione dello stesso
problema, esaminando milioni di mosse, è emblematico della
differenza tra la profondità del progetto dell'Artificiale
Intelligente e la superficialità delle realizzazioni
dell'Intelligenza Artificiale.
* Ludek Pachman e Vas Kuhnmund,
Computer Chess, Routledge & Kegan Paul, 1986
David Levy e Monty Newborn, How
computers play chess, Freeman & Company, 1991
12/16/2013 04:19:00 PM
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